Sport
Giro d’Italia: Wildcard tra tradizione italiana, polemiche sulla sicurezza e competitività internazionale
di Umberto Zollo | Tra giovani talenti italiani e big internazionali: la sfida strategica di RCS tra sicurezza, sponsor e identità di un sport in trasformazione

di Umberto Zollo
Le wildcard, gli inviti discrezionali concessi agli organizzatori dei Grandi Giri, rappresentano da sempre un nodo cruciale nel sistema ciclistico. Ai 18 team WorldTour (la massima divisione del professionismo) si aggiungono fino a 4 squadre ProTeam (seconda categoria), con due posti riservati senza obbligo alle migliori formazioni del ranking UCI della stagione precedente. Dal 2025, però, scatta un nuovo vincolo: per essere eleggibili, le squadre dovranno rientrare nella top 40 mondiale.
Per la prossima edizione, Lotto Dstny e Israel-Premier Tech, attuali migliori ProTeam, avrebbero diritto di prelazione. Ma la Lotto ha già declinato l’invito, innescando un terremoto. La proposta sul tavolo? Aumentare da 22 a 23 il numero totale di squadre (184 atleti), sfruttando una deroga UCI temporanea.
“La sicurezza? Gestibile con i protocolli attuali“, garantisce RCS Sport, organizzatore della Corsa Rosa, nonostante le critiche sull’aumento del rischio cadute in un plotone già sovraffollato. La decisione finale è attesa entro il 31 marzo 2025, ma il dibattito ha già superato i confini tecnici.
Mauro Vegni, direttore del Giro, difende le scelte: “Bisogna bilanciare esigenze commerciali e valore sportivo“. Un equilibrio delicato, che riaccende la questione strutturale: “Serve una squadra italiana in WorldTour, non wildcard regalate“, tuonano gli addetti ai lavori.
In lizza per gli ultimi posti ci sono Team Polti VisitMalta e VF Group Bardiani CSF Faizané, storiche realtà tricolori legate alla tradizione di sviluppo giovanile. Ma le svizzere Q36.5 Pro Cycling ,con Tom Pidcock nel mirino, e Tudor Pro Cycling,(guidata da Fabian Cancellara, con Julian Alaphilippe e lo sponsor Tissot, partner cronometrista ufficiale di RCS, giocano carte pesanti: appeal internazionale e strategie commerciali. La querelle riflette la crisi identitaria del ciclismo italiano: tutelare le realtà domestiche o inseguire un’internazionalizzazione inevitabile? Con il ranking UCI sempre più determinante, la Corsa Rosa diventa il termometro di un sport in transizione epocale.
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