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Cronaca

Bra, maxi blitz antidroga: smantellata banda albanese, tonnellate di cannabis e pusher a rotazione

Antonio Chiera | Bra (Cuneo), 17 luglio 2025 – Maxi blitz dei carabinieri: 11 arresti, 7 ricercati internazionali. Sgominate tre bande dedite allo spaccio e alla coltivazione di cannabis con ingenti profitti illeciti. Ecco come funzionava il meccanismo del “djali” e la gestione dei proventi

Maxi operazione antidroga dei Carabinieri di Bra: smantellata una rete criminale albanese attiva fra il Piemonte e altri territori del Nord Italia. Effettuati 11 arresti, 7 ricercati a livello internazionale, sequestrata oltre una tonnellata di marijuana e 800 grammi di cocaina. Le indagini hanno svelato un sistema di reclutamento continuo di giovani pusher e sofisticate serre indoor per la droga, con un giro d’affari di milioni di euro.

Colonnello Marco Piras Comandante Provinciale

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Blitz all’alba a Bra: nei guai tre «aziende del crimine»

Un’operazione ad alto impatto ha colpito all’alba di oggi la criminalità organizzata nel territorio braidese. I carabinieri del comando provinciale di Cuneo, insieme a unità speciali, hanno arrestato 11 persone di cittadinanza albanese — tutte gravemente indiziate di reati che vanno dallo spaccio, produzione e coltivazione di sostanze stupefacenti, fino al furto di energia elettrica. Altre 7 risultano tuttora irreperibili e attivamente ricercate attraverso canali di cooperazione internazionale.

Ten. Col. Lorenzo Carlo Maria Repetto C.te Compagnia Bra

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La maxi-operazione, battezzata «Djali», rappresenta l’esito di oltre nove mesi d’indagini intensive partite nell’ottobre scorso: intercettazioni telefoniche e pedinamenti hanno permesso agli inquirenti di ricostruire l’operato di tre gruppi distinti e specializzati.

Il sistema «Djali», giovani reclutati e spediti come pusher

In due dei gruppi smantellati era centrale il meccanismo del «Djali», (in albanese, ragazzo): giovani tra i 20 e i 25 anni venivano fatti arrivare in Italia con visto turistico di 90 giorni—impiegati come pusher, stipendiati con 3.000 euro al mese più vitto e alloggio. Allo scadere del visto, i ragazzi venivano rimpatriati e immediatamente sostituiti da nuovi connazionali, realizzando così un «turn over» che garantiva difficoltà d’identificazione e impunità.

Il giro d’affari stimato da queste attività vedeva guadagni giornalieri per oltre mille euro, che venivano inviati in Albania tramite corrieri specializzati sulla tratta Italia-Albania.

Dal «mercato della cocaina» alle serre high-tech: profitti milionari

Oltre all’attività di spaccio, un terzo gruppo era specializzato nella coltivazione indoor di cannabis sativa. Le indagini hanno portato al sequestro di più di una tonnellata di sostanza stupefacente tra marijuana già confezionata e piante vive, del valore stimato al dettaglio di circa 1,5 milioni di euro.

Le piantagioni erano gestite con tecnologie all’avanguardia, sistemi di aerazione e sofisticati apparati di illuminazione e irrigazione, spesso alimentati da allacciamenti abusivi alla rete elettrica. Gli indagati, in diversi casi, erano considerati “consulenti” per altre organizzazioni criminali grazie alle loro competenze tecniche nella coltivazione e nel trattamento delle infiorescenze.

Durante le perquisizioni, sono stati sequestrati anche 800 grammi di cocaina e 15.000 euro in contanti.

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Un modello d’impresa illegale e gli scenari futuri

L’intera rete criminale operava secondo logiche aziendali: assunzioni stagionali, rapidi avvicendamenti e utilizzo di tecnologie innovative. Gli inquirenti sottolineano che la struttura consolidata, con divisione dei ruoli e un sistema efficiente di riciclaggio, rende questo fenomeno particolarmente insidioso.

Le indagini proseguono, con l’obiettivo di identificare e localizzare i ricercati e ricostruire l’intera catena del traffico — dalla produzione alla commercializzazione internazionale della droga fino al riciclaggio dei proventi.

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