Cronaca
Centocelle: arrestati i lavori per la futura “seconda moschea” di Roma

Un edificio di quattro piani nel cuore del quartiere Centocelle, ex sede di un mobilificio, avrebbe dovuto diventare la seconda più grande moschea di Roma, con capienza stimata fino a mille persone. Tuttavia, l’intervento della Polizia Locale di Roma Capitale ha portato al sequestro penale dei lavori per presunti abusi edilizi: l’intero piano seminterrato è stato ufficialmente sigillato dall’autorità giudiziaria in quanto non conforme alle normative urbanistiche ed edilizie .
Il progetto e le irregolarità contestate
L’ex mobilificio «Gaggioli», da decenni abbandonato, era in procinto di trasformarsi in un luogo di culto islamico. Il piano seminterrato—originariamente commerciale o deposito—doveva essere convertito in ampie sale di preghiera, servizi, uffici e spazi per l’imam. Tuttavia, secondo le autorità:
- la destinazione d’uso non risultava compatibile con quanto previsto dal piano urbanistico;
- mancava una regolare autorizzazione edilizia per il cambiamento di destinazione d’uso;
- i lavori sarebbero stati avviati senza i titoli funzionali necessari .
Non è esclusa la presenza di altre irregolarità non limitate al seminterrato, con possibile abuso in altre parti dell’edificio o nella gestione dei finanziamenti legati alla ristrutturazione — elementi che le autorità intendono verificare.
Il contesto storico delle moschee a Centocelle
Negli ultimi anni, numerose sale di preghiera informali nella zona est di Roma sono state chiuse per analoghe ragioni. Le operazioni più frequenti coinvolgono:
- garage o scantinati convertiti senza autorizzazione in luoghi di culto, come in via Filippo Parlatore e via delle Celidonie, con impianti inadeguati e cambi di destinazione d’uso non autorizzati ;
- interventi in via dei Gladioli, dove un seminterrato di circa 280 mq era stato trasformato tramite lavori non approvati e senza permessi, provocando il sequestro di porzioni dello spazio adibito a moschea .
In alcuni casi successivi, come quello di via dei Frassini, il Tar del Lazio e successivamente il Consiglio di Stato hanno riconosciuto la validità del cambio di destinazione d’uso da commerciale a luogo di culto, dando ragione alle associazioni islamiche che avevano contestato le chiusure ufficiali .
Le reazioni istituzionali e sociali
Secondo Il Tempo, il progetto in piazza delle Camelie era stato portato avanti con investimenti significativi, alcuni dei quali la politica locale ha definito poco chiari. Il consigliere comunale Federico Rocca (FdI) ha elogiato l’operato della Polizia Locale, auspicando una maggiore trasparenza nell’intera vicenda edilizia .
Da parte della comunità islamica del quartiere, la tensione resta alta. Negli anni scorsi, numerose associazioni hanno rivendicato il diritto al culto, denunciando una mancata disponibilità da parte del Comune a trovare spazi conformi e regolari, costringendo i fedeli a pregare all’aperto come forma di protesta civile .
Rischi legali e prospettive future
Il reato contestato è disciplinato dall’art. 44 del DPR 380/2001 (Testo Unico Edilizia), che prevede sanzioni per il cambio di destinazione d’uso non autorizzato. Le conseguenze includono il sequestro dei locali ed eventuali sanzioni penali o pecuniarie. È possibile che l’autorità giudiziaria chieda chiarimenti su eventuali opere edilizie realizzate al di fuori delle autorizzazioni rilasciate.
In passato, in casi simili, il TAR aveva successivamente accolto i ricorsi presentati dalle comunità islamiche riconoscendone la legittimità, ma l’applicazione delle norme – soprattutto in zone vincolate come Centocelle – rimane controversa .
L’edificio in trasformazione, che doveva diventare la seconda moschea di Roma, è oggi al centro di un caso giudiziario complesso: il sequestro penale del seminterrato evidenzia problemi di legittimità urbanistica, edilizia e di origine delle risorse coinvolte. Pur esistendo precedenti favorevoli al diritto di culto, è in corso una seria verifica dei requisiti tecnici e normativi.
Il futuro della struttura è incerto: se da un lato la comunità islamica rivendica il diritto a spazi regolari e dignitosi, dall’altro le autorità amministrative e giudiziarie devono garantire la legalità e l’ordinato rispetto delle leggi urbanistiche. Resta da chiarire se sarà possibile regolarizzare l’intera struttura o se occorreranno demolizioni, modifiche strutturali o altra documentazione mancante.
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