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Cronaca

Palermo | Incendio in un appartamento: morta una donna

Una donna ottantaseienne ha perso la vita a causa di un incendio scoppiato intorno alle 20 di oggi in via Umberto Giordano, all’interno della sua abitazione al primo piano del civico 33. L’allarme è stato dato dagli altri condomini che, avvertendo odore di bruciato, hanno prontamente contattato il numero di emergenza 112. In pochi minuti, tre squadre dei vigili del fuoco sono intervenute per evacuare il palazzo e combattere le fiamme.

Una volta entrati nell’appartamento, i vigili del fuoco hanno trovato l’anziana distesa a terra e l’hanno immediatamente soccorsa. Nel frattempo, le altre squadre hanno continuato le operazioni per spegnere l’incendio. Purtroppo, nonostante l’intervento tempestivo dei soccorritori, per la donna non c’è stato nulla da fare. Una prima ispezione della salma da parte del medico legale ha evidenziato segni di ustione.

Al termine del sopralluogo, i vigili del fuoco cercheranno di determinare la causa dell’incendio, che potrebbe essere riconducibile a un problema elettrico. Una volta completate le operazioni, le famiglie evacuate potranno rientrare nelle loro abitazioni. Sul posto sono presenti anche alcune pattuglie di polizia per coordinare la situazione.

Cronaca

Catania | Salvatore Chisari condannato per la sparatoria tra clan a Librino

La Corte d’Assise d’Appello di Catania ha ribaltato la sentenza di primo grado, condannando Salvatore Chisari a sei anni di reclusione per duplice tentato omicidio e porto d’armi illegale.

Chisari era stato coinvolto nella sparatoria avvenuta a Librino l’8 agosto 2020, nel contesto del conflitto tra i clan rivali Cappello-Bonaccorsi e Cursoti Milanesi. In quell’occasione, due persone morirono e diverse altre rimasero ferite.

In primo grado, Chisari era stato assolto per non aver partecipato materialmente alla sparatoria, con la corte ritenendo che il suo ruolo fosse limitato alla fase preparatoria del raid. Tuttavia, la Procura aveva appellato la sentenza, sostenendo che la partecipazione di Chisari alla pianificazione del crimine fosse sufficiente per una condanna. La Corte d’Appello ha accolto le richieste della Procura, condannando Chisari a sei anni di reclusione. I giudici hanno ritenuto che le sue dichiarazioni durante un interrogatorio, in cui affermava di essere andato a Librino “per scassarli”, provassero la sua consapevolezza e il suo consenso al raid punitivo.

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Calabria

Michele Zito, narcotrafficante della ‘ndrangheta, trasferito dal carcere ai domiciliari

Michele Zito, esponente della ‘ndrangheta condannato a 20 anni di carcere per il suo ruolo di narcotrafficante delle cosche di Gioia Tauro, è stato trasferito agli arresti domiciliari per motivi di salute. L’Ufficio di Sorveglianza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha accolto la richiesta presentata dal suo legale, Angelo Librace, il quale ha fornito documentazione medica attestante che le condizioni cliniche di Zito sono incompatibili con la detenzione in carcere.

Zito, detenuto dal 2016 in seguito all’«Operazione Vulcano» della Dda di Reggio Calabria, era stato riconosciuto come il vertice di un’organizzazione internazionale di traffico di droga che operava tra Italia, Sud America e Olanda. Secondo le indagini, la droga veniva importata in Italia anche grazie alla complicità del comandante di una nave porta-container che facilitava il trasbordo della sostanza verso piccole imbarcazioni per eludere i controlli doganali al porto di Gioia Tauro.

Il trasferimento agli arresti domiciliari avviene in una comunità terapeutica in Calabria, dove Zito potrà ricevere le cure necessarie, in linea con le perizie sanitarie che ne hanno raccomandato la collocazione in una struttura esterna al circuito penitenziario, rispettando i principi costituzionali di umanità e tutela della salute.

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Calabria

Operazione Recovery | Come operava il clan degli zingari VIDEO

A Cosenza, il “Sistema” è il termine usato per descrivere l’organizzazione dei gruppi criminali, alcuni legati alla ‘ndrangheta, che formano una piramide in grado di controllare il mercato della droga, spesso sfruttando minorenni. Clan italiani e clan di “Zingari” – come si autodefiniscono per non essere confusi – sono considerati dalla Procura di Catanzaro come un’entità unificata.

L’operazione denominata “Recovery” ha avuto un impatto significativo sulla città di Cosenza, con l’esecuzione di 142 ordinanze di custodia cautelare. Queste misure sono state disposte dal gip Arianna Roccia, su richiesta del procuratore Vincenzo Capomolla e dei pm Vito Valerio e Corrado Cubellotti. Durante la notte, carabinieri, polizia e guardia di finanza, supportati da elicotteri, hanno eseguito gli arresti.

Le accuse principali includono associazione per delinquere di tipo mafioso e associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, oltre a vari altri reati aggravati dalle modalità e finalità mafiose. In totale, sono 179 gli indagati, di cui 109 sono finiti in carcere. Tra questi figurano il boss ergastolano Francesco Patitucci, già detenuto al 41 bis, il suo braccio destro Roberto Porcaro, che l’anno scorso aveva finto di voler collaborare con la giustizia, e Michele Di Puppo, considerato il suo “alter ego”.

Secondo i pm, Patitucci era il principale riferimento della confederazione di ‘ndrangheta operante a Cosenza e nei territori limitrofi, dirigendo il narcotraffico sul territorio e controllando i gruppi criminali italiani e gestendo gli approvvigionamenti di stupefacenti. Michele Di Puppo, dal canto suo, era responsabile delle grandi partite di droga e del controllo di significative aree di spaccio. Misure cautelari sono state disposte anche per Mario Piromallo, Salvatore Ariello, Antonio Illuminato e Adolfo D’Ambrosio, ritenuti vertici del sodalizio criminale dalla Dda.

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