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Gerocarne (VV) | Dieci anni dalla scomparsa di Filippo Ceravolo

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Filippo è morto perché due famiglie di ‘ndrangheta del Vibonese – i Loielo e gli Emanuele – sono in guerra tra loro nella contesa di uno spicchio di territorio. Vengono apparecchiati agguati e restituito sangue. E Filippo è rimasto stritolato in questo meccanismo.
La sera del 25 ottobre 2012 era uscito con la propria fidanzata. Aveva la macchina rotta e doveva rientrare in casa con un passaggio da parte del padre. Ma per non disturbare il genitore ha preferito il passaggio da parte di Domenico Tassone. Arrivata al calvario di Vazzano, un’edicola votiva con scene della passione di Cristo, l’auto è stata crivellata dai colpi destinati a Tassone. Il guidatore si è buttato giù dalla macchina mentre la pioggia di fuoco raggiungeva Filippo.
E oggi Martino Ceravolo non può dimenticare il volto gonfio di suo figlio che veniva estratto dall’auto, la corsa in ospedale, il responso nefasto.

Martino Ceravolo non farà sbiadire il ricordo di quel figlio buono che lo aiutava nell’attività di venditore ambulante, che si svegliava con lui all’alba, che aspettava di andare alla partita della Juventus. I biglietti sono rimasti sul tavolo, la famiglia si è stretta e resiste ogni giorno alla tracotanza di chi nel paese li guarda storto, di chi chiama Martino Ceravolo “lo sbirro” solo perché cerca giustizia, perché si incatena dinanzi ai tribunali per sollecitare l’intervento della magistratura, perché non ha imbracciato un fucile ma si è rivolto alle forze dell’ordine.

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