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Gratteri: “La scelta di diventare magistrato dopo aver visto i figli dei boss fare i bulli”

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Nicola Gratteri e don Mimmo Battaglia si ritrovano nuovamente davanti a una platea di giovani provenienti da tutto il Meridione, a poche settimane dall’incontro con gli alunni delle scuole di Scampia. Stavolta, nella sala del complesso monumentale di Santa Chiara, ci sono 400 ragazzi riuniti a Napoli dal Movimento giovanile salesiano per la due giorni “Tutti nel tuo sogno”.

Il magistrato e l’arcivescovo rispondono alle domande dei giovani. A Gratteri viene chiesto come è nato il suo desiderio di diventare magistrato. «Tutto nasce dal clima che ho respirato nella mia famiglia – spiega –. A casa mia c’erano delle regole precise. Ognuno di noi sapeva cosa fare: sistemare il letto, lasciare il letto ordinato, fare i compiti, comportarsi bene fuori casa… A scuola e a casa sentivo parlare di mafia e ‘ndrangheta: sapevo chi era onesto e chi rubava. “Onestà” e “responsabilità” erano parole fondamentali a casa mia, in un’area ad alta densità mafiosa. La coerenza dei miei genitori era cruciale. Vedevo i figli dei mafiosi atteggiarsi a bulli fin da piccoli, e mi dicevo che dovevo fare qualcosa. Crescendo, è nato in me il desiderio di diventare magistrato e mi iscrissi a Giurisprudenza».

Secondo Gratteri, «oggi i genitori vogliono fare gli amici dei propri figli. Vedo genitori arroganti con gli insegnanti: gli educatori scarseggiano, gli insegnanti fanno quel che possono… È una crisi di sistema che riguarda tutto l’Occidente. Un tempo c’erano le suore, ora non più. E non si spende abbastanza per asili e tempo pieno a scuola. I ragazzi crescono senza regole, figli di Internet. Internet in sé non è male, ma è fondamentale che un adulto ti dica di lasciare il telefono a tavola o quando fai i compiti».

Anche l’arcivescovo di Napoli affronta il tema dell’educazione delle nuove generazioni. «Non mi piace parlare di emergenza educativa, bensì di sfida – dice Battaglia –. Viviamo una sorta di anoressia esistenziale. Non ci sono più punti fermi, e il mondo degli adulti è venuto meno. I ragazzi ci chiedono due cose: credibilità e responsabilità. Ho lavorato a lungo con giovani tossicodipendenti: ciò che li accomunava era il non credere in se stessi. Hanno iniziato a credere in sé quando qualcuno ha creduto in loro».

L’arcivescovo ricorda la nascita del Patto educativo per la città metropolitana di Napoli. «Passeggiando per Napoli, vidi bambini giocare con pistole. Mi colpì il loro atteggiamento, simile a quello dei camorristi di “Gomorra”. Mi chiesi cosa potessi fare io, cosa potesse fare la mia Chiesa. Abbiamo coinvolto municipalità, Terzo settore, scuola, e ci siamo chiesti: “Cosa possiamo fare?”. Così è nato questo progetto, che ora vede molta gente lavorare insieme per i ragazzi». Gratteri e Battaglia lasciano la sala tra gli applausi dei 400 ragazzi. Oggi, i giovani ascolteranno la testimonianza di Lucia Montanino, moglie di Gaetano Montanino, guardia giurata uccisa a Napoli durante una rapina. La donna racconterà come ha “adottato” l’assassino di suo marito, che ha cambiato vita. La messa finale concluderà la due giorni napoletana all’insegna della legalità.

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