Egidio Murciano, 49enne tarantino ed ex sindacalista, è stato condannato a 1 anno e 6 mesi di reclusione per tentata estorsione. Murciano è stato accusato di aver chiesto somme di denaro sottobanco a una coppia coinvolta in una vertenza lavorativa. Il giudice Benedetto Ruberto ha emesso la sentenza venerdì pomeriggio. Il pubblico ministero, Marzia Castiglia, aveva richiesto una pena di 2 anni, ma l’avvocato difensore, Giorgia de Tomasi, è riuscita a ottenere una condanna più lieve.
I fatti risalgono a giugno 2022, quando una badante decise di avviare una vertenza contro i familiari di un’anziana a cui aveva prestato cure per due anni. La donna si rivolse al sindacato USB e la questione fu affidata a Murciano. Egli convocò i familiari dell’anziana e spiegò che, sulla base delle ore lavorate dalla badante, era necessario versare 4.000 euro. Tuttavia, Murciano aggiunse una richiesta insolita: i familiari dovevano consegnargli, in busta chiusa e fuori dall’accordo ufficiale, 1.500 euro, sostenendo che tale somma era destinata a malavitosi che proteggevano la badante. Questa richiesta provocò grande paura nella coppia.
Il giorno successivo, i parenti dell’anziana incontrarono nuovamente Murciano in un bar. Durante la conversazione, Murciano si alzò per salutare un avventore e spiegò alla coppia che la persona in questione era lì per verificare la loro presenza, aumentando ulteriormente il loro terrore. La coppia raccontò l’accaduto a una vicina che, conoscendo il sindacato USB, li invitò a contattare Franco Rizzo, leader del sindacato a Taranto. Rizzo, appresa la situazione, confermò l’illegalità della richiesta di Murciano e suggerì alla coppia di rivolgersi alle forze dell’ordine. Successivamente, Rizzo espulse Murciano dal sindacato e lo denunciò.
Nella sentenza, il giudice Ruberto ha dichiarato: «Murciano ha fatto leva, per conseguire l’ingiusto profitto, non tanto sulla qualità di rappresentante sindacale della lavoratrice, quanto sull’interessamento di personaggi legati a noti ambienti malavitosi di Taranto». Ha aggiunto che «è pacifica la valenza intimidatrice delle parole adoperate, che hanno senz’altro messo la parte offesa in condizione di doverne subire la volontà per evitare il paventato verificarsi di un più grave pregiudizio».