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Attualità

Ragazze e smartphone: 6 ore al giorno, 1 su 5 è dipendente dai social

Le giovani a rischio per l’uso eccessivo dello smartphone e dei social

Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Archives of Disease in Childhood, molte adolescenti passano quasi 6 ore al giorno sui loro smartphone. In media, prendono in mano il dispositivo 115 volte al giorno, e quasi una su cinque (17%) potrebbe essere dipendente dai social media, aumentando il rischio di disturbi mentali.

Lo studio è stato condotto da Silja Kosola, dei Wellbeing Services County di Espoo, Länsi-Uudenmaan, in Finlandia. I ricercatori hanno coinvolto 1164 studentesse di 15-16 anni da 49 scuole superiori in tre grandi città finlandesi: Helsinki, Espoo e Vantaa. L’uso medio giornaliero dello smartphone è stato calcolato su almeno 3 giorni di dati per 656 adolescenti (56,5%) e su 7 giorni di dati per 298 (26%). In media, le ragazze trascorrevano 350 minuti, o 5,8 ore al giorno, sullo smartphone, di cui 231 minuti, o 3,9 ore, sui social media.

Dati dettagliati sulle app più utilizzate erano disponibili per 564 adolescenti (48,5% del totale). Tra queste, 205 ragazze (36,3%) trascorrevano meno di 3 ore al giorno sui social, mentre 77 (14%) vi passavano 6 o più ore. Le ragazze prendevano in mano il telefono da 58 a 356 volte al giorno, con una media di 145 volte.

Per circa 1 su 5 (115; 20,5%), le app più frequentemente utilizzate includevano giochi, con un uso medio di 24 minuti al giorno. Ben 183 (17%) adolescenti erano potenzialmente dipendenti dai social media. Inoltre, oltre un terzo (371; 37%) ha ottenuto punteggi superiori alla soglia per un potenziale disturbo d’ansia. Il tempo giornaliero trascorso sui social era associato a una media dei voti più bassa, punteggi più alti di dipendenza dai social, livelli più elevati di ansia e una peggiore immagine corporea. La dipendenza dai social media peggiora anche l’umore, aumenta la stanchezza e favorisce sensazioni di solitudine.

Gli autori concludono che le implicazioni di quasi 6 ore di utilizzo giornaliero dello smartphone e le sue associazioni con il benessere delle adolescenti sono serie e meritano attenzione.

Attualità

Vince un concorso di fotografia IA con una foto reale: il curioso caso del fotografo Miles Astray

Il fotografo Miles Astray ha scelto di sfidare le convenzioni moderne della fotografia partecipando al concorso 1839 Awards con una foto “Flamingone” scattata tradizionalmente, non generata da intelligenza artificiale. Questa sua scelta provocatoria ha portato la giuria, composta da esperti del settore, a inizialmente accogliere la sua opera tra le vincitrici. Tuttavia, quando è emerso che l’immagine non era frutto di un algoritmo, ma un autentico scatto catturato all’alba ad Aruba con una Nikon D750 e successivamente elaborato in Lightroom, Astray è stato squalificato dal concorso.

L’artista ha spiegato il suo gesto come un’espressione della credenza che la fotografia tradizionale può ancora competere e sorprendere in un’era dominata dalla tecnologia. Sul suo sito “Reclaiming the BrAIn”, Astray ha condiviso la motivazione dietro questa scelta, enfatizzando il valore dell’autenticità e della creatività umana in contrasto con l’omnipresenza dell’intelligenza artificiale.

Lily Fierman, cofondatrice degli 1839 Awards, ha elogiato il “messaggio potente” di Astray, auspicando che il suo gesto possa ispirare altri fotografi a riflettere sull’importanza del tocco umano nell’arte fotografica contemporanea. Questo episodio non solo ha messo in risalto il talento di Astray, ma ha anche avviato un dibattito sulla crescente influenza dell’IA sull’arte visiva.

Miles Astray continua a esplorare i confini tra tecnologia e tradizione attraverso la sua arte, invitando la comunità artistica a rivalutare il significato e l’impatto dell’intelligenza artificiale nel campo della fotografia.

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Attualità

Meta: Rinviato il lancio del software AI in Europa: cosa sappiamo

Meta, il gigante dei social media, ha deciso di posticipare il lancio del suo nuovo software di intelligenza artificiale (AI) in Europa a causa delle preoccupazioni sollevate dalle agenzie di protezione dei dati. Secondo quanto riportato dall’Adnkronos, la Irish Data Protection Commission (DPC), autorità irlandese per la protezione dei dati che agisce come punto di riferimento per Meta nell’Unione Europea, ha esortato l’azienda a non procedere con l’addestramento dei modelli AI utilizzando i post pubblici su Facebook e Instagram. Il software Meta AI, concepito per generare testi, immagini e rispondere alle domande degli utenti, è stato progettato per competere con altri programmi come il chatbot ChatGPT. Tuttavia, Meta ha espresso delusione per la richiesta della DPC, sottolineando che senza l’addestramento dei modelli su contenuti locali non potrà offrire un’esperienza completa agli utenti europei. Meta ha anche difeso il proprio approccio, affermando di aver integrato il feedback normativo e di essere conforme alle leggi europee vigenti. L’azienda ha evidenziato la trasparenza nel suo processo decisionale, contrapponendosi alle critiche provenienti da Bruxelles riguardo alla modalità di consenso dei dati degli utenti. Recentemente, l’organizzazione Noyb e diverse associazioni di consumatori hanno presentato denunce in 11 paesi, criticando Meta per la procedura di opt-out, che secondo loro è considerata “nascosta e fuorviante”. Meta ha concluso sottolineando l’importanza dell’innovazione e della concorrenza nello sviluppo dell’IA in Europa, nonostante i potenziali ritardi derivanti dalle attuali controversie normative e dalle critiche ricevute.

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Febbre Oropouche in Veneto: cosa c’è da sapere sul nuovo virus

La notizia del primo caso in Europa di febbre Oropouche ha rapidamente suscitato attenzione globale, diffondendosi viralmente sui media. Il Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) ha confermato il caso, riguardante una paziente con una recente storia di viaggi nei Caraibi. Questo virus, classificato come arbovirosi insieme a Dengue, Zika e Chikungunya, è particolarmente diffuso in Sudamerica, con oltre 5.193 casi confermati nei primi quattro mesi dell’anno in paesi come Bolivia, Brasile, Colombia e Perù.

Il virus è stato isolato nel laboratorio BSL3 del Dipartimento, consentendo lo sviluppo di test diagnostici specifici e studi sulla capacità di trasmissione attraverso vettori potenziali come zanzare e moscerini. Gli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità hanno sottolineato che il vettore specifico di questo virus, Culicoides Paranensis, non è presente in Europa ma solo in Sud e Centro America. Non sono stati segnalati casi autoctoni in Europa e altri potenziali vettori secondari, come la zanzara Culex quinquefasciatus o la Aedes Aegypti, non sono attualmente presenti in Italia.

La febbre Oropouche, causata dal virus Orov scoperto nel 1955, è una delle arbovirosi più diffuse del Sud America, con oltre mezzo milione di casi diagnosticati fino ad oggi. I sintomi includono febbre alta, mal di testa, dolore retroorbitale, mialgia, artralgia, nausea, vomito e fotofobia, simili ad altre febbri virali tropicali come Dengue, Zika e Chikungunya. In alcuni casi possono verificarsi complicazioni neurologiche come meningite ed encefalite.

Nonostante la preoccupazione per la diagnosi del primo caso in Europa, gli esperti sottolineano che attualmente non esistono altre vie di trasmissione conosciute per il virus in questa regione e che la situazione è sotto controllo grazie alla tempestiva identificazione e risposta delle autorità sanitarie italiane.

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