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Economia

Agenzia Europea per L’ambiente | Le auto ibride consumano quanto dichiarato…per TRE!

Dopo lo scandalo del Dieselgate, che aveva portato alla luce le pratiche ingannevoli dei produttori automobilistici nel nascondere i veri consumi e le emissioni dei loro veicoli, l’Europa aveva promesso un’impegno totale per garantire trasparenza e riduzione dell’inquinamento. Sono passati dieci anni da quel momento cruciale, ma sembra che le cose non siano cambiate molto: le auto che circolano nell’Unione Europea consumano e inquinano molto più di quanto dichiarato al momento della vendita, soprattutto le ibride. Inoltre, le emissioni medie dei motori a combustione sono rimaste praticamente invariate rispetto a vent’anni fa. Questi dati emergono dalle analisi condotte dall’Agenzia europea per l’ambiente (Aea) e dalla Corte dei conti dell’UE.

Le discrepanze sono evidenti: i consumi reali superano di molto quelli dichiarati nei certificati di immatricolazione. Ad esempio, le auto a benzina consumano in media il 23,7% in più di quanto dichiarato, mentre nei diesel la differenza è del 18,2%. Ma il divario più significativo riguarda le ibride plug-in: i consumi reali sono tre volte superiori rispetto a quelli dichiarati sui certificati. Anche le emissioni sono ben al di sopra delle stime: gli ibridi plug-in emettono in media quasi quattro volte di più di quanto dichiarato.

Le nuove regole introdotte dopo il Dieselgate avrebbero dovuto ridurre queste discrepanze, ma i dati mostrano che la situazione è rimasta pressoché invariata. Questo solleva anche preoccupazioni finanziarie, poiché le tasse ambientali sui veicoli sono basate sulle emissioni dichiarate. Le nuove regole avrebbero dovuto migliorare il sistema di monitoraggio dell’industria automobilistica, ma la Corte dei conti europea ha evidenziato gravi carenze nei controlli.

In sostanza, le emissioni di CO2 prodotte dai trasporti nell’UE sono rimaste sostanzialmente invariate rispetto a vent’anni fa, nonostante gli sforzi per ridurle. Questo solleva dubbi sulla sincerità e sull’efficacia delle misure adottate dall’industria automobilistica e dalle autorità di regolamentazione.

Attualità

Redditometro: in Gazzetta il decreto ministeriale dell’Economia per riattivarlo

Il fisco torna a vigilare sulle capacità di spesa dei contribuenti, esaminando una vasta gamma di spese per risalire ai loro redditi: dalle spese per l’automobile a quelle per l’abitazione, dai costi delle utenze al possesso di imbarcazioni.

Questa rinnovata attenzione vede il possibile ricorso al redditometro, uno strumento utilizzato dall’Agenzia delle Entrate per calcolare il reddito presunto dei contribuenti persone fisiche.

Il redditometro, sospeso nel 2018, viene ora riattivato a partire dai redditi del 2016, come stabilito dal decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale e firmato dal vice ministro all’Economia, Maurizio Leo.

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Attualità

ZES Unica | Sbloccati 1,8 Miliardi per il Credito d’Imposta alle Imprese nel Mezzogiorno: Firmato il Decreto del MEF

Dopo una lunga attesa, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha firmato il decreto che sblocca i fondi per il credito d’imposta a favore delle imprese che intendono investire nella Zes unica per il Mezzogiorno. Con questo decreto diventano disponibili 1,8 miliardi di euro, mettendo fine agli allarmi e ai timori sollevati nelle ultime settimane riguardo alla mancata attuazione della misura.

Il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) stabilisce che le imprese dovranno comunicare all’Agenzia delle Entrate le spese previste tra il 12 giugno e il 12 luglio prossimi. Le comunicazioni riguarderanno sia le spese da sostenere entro il 15 novembre sia quelle eventualmente già effettuate dall’inizio dell’anno, in seguito all’entrata in vigore della nuova normativa. Un successivo provvedimento dell’Agenzia delle Entrate definirà il modello di comunicazione necessario per tali dichiarazioni.

Il credito d’imposta della Zes unica permette l’acquisto o il leasing non solo di macchinari per nuove imprese, ma anche di terreni e immobili strumentali, coprendo fino al 50% del valore complessivo. La percentuale di credito d’imposta varia tra le regioni e dipende dalle dimensioni dell’impresa e dall’ammontare dell’investimento. In particolare, va dal 40% al 60% in Campania, Calabria e Puglia, al 30% in Sardegna, Basilicata e Molise, e al 15% in Abruzzo. Inoltre, finanzia investimenti iniziali compresi tra 200mila e 100 milioni di euro.

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Attualità

Pnrr | In Sicilia a rischio un miliardo per le città

La Sicilia dispone di 1 miliardo e 149 milioni di euro dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per finanziare interventi di rigenerazione urbana. Di questi, 214,7 milioni sono destinati a 9 progetti approvati nel programma “Pinqua”, 513 milioni ai Piani urbani integrati e 421,6 milioni al programma Piccoli comuni del Viminale. A queste risorse si aggiungono fondi provenienti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, dal Piano nazionale complementare e dalla Banca europea per gli investimenti (Bei).

Tuttavia, secondo un’analisi condotta dal Centro studi di Ance nazionale, dopo l’ultima revisione del Pnrr, circa 1 miliardo di investimenti in rigenerazione urbana in Sicilia rischiano di essere esclusi dal Piano. Si tratta di 360 progetti, di cui il 70% riguarda la rigenerazione urbana e il 30% interventi dei Piani urbani integrati, per un totale di 922,1 milioni di euro. Sebbene il governo Meloni abbia garantito le risorse per questi progetti, potrebbero subire ritardi nella realizzazione a causa della carenza di fondi nei Comuni.

La presidente nazionale dell’Ance, Federica Brancaccio, ha sottolineato l’importanza della rigenerazione urbana per il futuro del Paese, specialmente nel Sud, e ha esortato a investire nelle città, nelle relazioni urbane e sociali, oltre che nell’economia. Riguardo ai fondi a rischio, ha dichiarato che è necessario evitare che ciò accada.

L’assessora all’Ambiente, Elena Pagana, ha evidenziato l’impegno della Regione Siciliana per la rigenerazione urbana, che è una priorità del governo regionale. Ha inoltre suggerito la possibilità di recuperare i fondi a rischio attraverso l’Accordo di coesione in fase di negoziazione con il governo nazionale.

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