Genova | Delitto del trapano, davanti al Riesame pm chiede l’arresto di Verduci

Circa tre quarti d’ora davanti al tribunale del Riesame per discutere dell’arresto di Fortunato Verduci, il carrozziere di 65 anni indagato per il delitto del trapano, l’omicidio di Maria Luigia Borrelli, seviziata con un trapano il 5 settembre 1995 nel basso di vico Indoratori dove la notte si prostituiva con il nome di Antonella.

La pm Patrizia Petruzziello ha fatto appello contro la decisione del gip Alberto Lippini di respingere la richiesta di arresto nei confronti di Verduci. Nonostante sussistano prove a suo carico (tracce di Dna sulla scena del crimine, emerse da nuove analisi svolte di recente), per il giudice a distanza di quasi trent’anni dai fatti non ci sarebbe pericolo di fuga o reiterazione del reato, e inoltre l’indagato col tempo avrebbe potuto cambiare e oggi essere “in astratto una persona diversa”.

I difensori di Verduci – gli avvocati Nicola Scodnik e Giovanni Ricco – hanno prodotto documentazione sul reddito dell’indagato, per dimostrare che non ha debiti e problemi economici. Un dettaglio considerato importante, dal momento che per l’accusa il movente dell’omicidio sarebbe una rapina, dovuta a debiti di gioco. La pm ha rimarcato come Verduci sia ancora oggi ludopatico e con debiti.

La procura ha presentato una consulenza notarile che certifica la parentela di Verduci con il cugino Vincenzo (dalla cui parziale compatibilità con il Dna trovato nel basso trent’anni fa gli investigatori sono arrivati all’attuale indiziato). E una consulenza psicologica, firmata dallo psichiatra Pietro Pietrini e dallo psicologo forense Marcello Garofano, che contesta la ricostruzione del pm sul possibile cambiamento negli anni della personalità dell’indagato. Nel documento gli specialisti spiegano che il carattere di una persona si forma nella giovane età adulta e non è detto vi sia un miglioramento negli anni.

Il giudice ha tempo trenta giorni per comunicare la sua decisione. Se fosse disposto l’arresto di Verduci, i suoi legali andrebbero in Cassazione.